Il Pdl ha perso il 52% dei propri voti, il Pd il 29%

Sulle regionali dell’anno scorso
avanzano solo Irs, Idv e Psd’Az,
tengono centristi e sinistra


di Filippo Peretti

CAGLIARI. Il Pd è diventato il primo partito sardo pur scendendo dal 24% delle regionali al 20% di queste elezioni provinciali. Ed è primo perché il Popolo della libertà è sceso in un colpo dal 30% al 16%. Siccome stavolta l’astensionismo è stato da record (un ulteriore meno 11%), in termini numerici la discesa dei due partiti maggiori è stata ancora più evidente.

Il crollo del Pdl. Il partito che aveva trionfato alle regionali con 248mila voti (il 30%) ha ottenuto stavolta 117mila voti (il 16%) lascianso sul campo (o meglio: a casa) 131mila propri elettori. Che equivalgono al 52% della proprio forza elettorale del 2009. Non è certo un esame positivo per Ugo Cappellacci e la sua giunta (e nel complesso per il vertice del partito) a poco più di un anno dall’insediamento.

Pd in calo ma primo. Il segretario Silvio Lai ha sottolineato il fatto che il suo partito è ora primo in classifica ed è pertanto più competitivo. E’ vero, ma l’emorragia non si è ancora fermata, anche se può consolare che il principale avversario è in condizioni più gravi. Il Pd, rispetto alle regionali, ha perso 59mila voti (pari al 29% della propria forza elettorale). Insomma, a pagare la scarsa affluenza alle urne sono stati soprattutto le forze maggiori. Che hanno quindi molti motivi per riflettere, soprattutto sulle divisioni interne e sulle difficoltà a darsi linee chiare.

Il boom di Irs. A causa dell’astensionismo, il segno positivo nel dato numerico è prerogativa stavolta di poche sigle. Più di tutti sono cresciuti gli indipendentisti di Irs: dalle regionali alle provinciali il partito ora guidato da Ornella Demuru (con Gavino Sale presidente) è passato dai 17mila voti (2,07%) ai 28mila (3,93%) aumentando del 65% il proprio consenso.

Psd’Az sale a destra. In crescita anche i 4 Mori: in quindici mesi da 35mila voti (4,29%) a 49mila (6,79) con un aumento del 38% del proprio consenso. Il dato sembra dimostrare che, a differenza dell’epoca di Mario Melis negli anni 80, l’avanzata avviene stando con il centrodestra. Contano le incomprensioni con la sinistra negli ultimi dieci. I sardisti hanno vinto nettamente la sfida che gli era stata lanciata dai Rossomori.

Frenano i Rossomori. Il partito di Gesuino Muledda è sceso da 21mila a 15mila voti, vale a dire dal 2,54% al 2,1%).

Avanza l’Idv. Per ritornare a chi ha avuto successo, c’è da citare l’Italia dei valori: la formazione di Federico Palomba è salita da 41mila (5,0%) a 46mila (6,48%) aumentando i propri voti del 13%. Paga la competizione col Pd (oltre che con il berlusconismo).

Tengono i centristi. L’Udc si è confermato leader nel panorama centrista, che ha fatto registrare nel centrodestra ancora buone prove da Riformatori e Uds e nel centrosinistra della neonata Upc. L’Udc di Giorgio Oppi rispetto all’anno scorso ha però perso 7mila voti ma, grazie all’astensionismo, è cresciuto in percentuale, passando dal 9,13 al 9,41%.

Risorge la sinistra. Hanno perso voti (pochi) ma sono saliti in percentuale anche i partiti della sinistra storica. Sommando tutti i risultati di Sinistra ecologia, Rifondazione comunista e Comunisti italiani, il dato è questo: rispetto alle regionali del febbraio 2009 i voti sono passati da 55mila a 51mila, ma la percentuale, come s’è detto, è salita sensibilmente, dal 5,75% delle regionali al 7,11% delle provinciali. Sono state premiati sia i casi in cui le forze sono state unite sia i radicamenti particolarmente forti in alcune realtà. Può essere una buona base di ripartenza.