La Nuova Sardegna 27 maggio 2010
Il risultato delle otto Province
e dei principali Comuni (da
Sassari e Nuoro) misurerà il peso
dei vertici dei partiti e anche quello
dei gruppi dissidenti, che in certi
casi hanno preferito la scissione
di Filippo Peretti
I sardi tornano alle urne a quindici mesi dalle elezioni regionali e i test politici del voto si moltiplicano. Il rinnovo delle otto Province e di 176 Comuni, tra i quali spiccano Sassari e Nuoro, ha assunto significati che vanno molto al di là della pur importante posta in gioco. L’appuntamento di domenica e lunedì è intanto una verifica per il governatore Ugo Cappellacci, ora alle prese con l’inchiesta giudiziaria sull’eolico, ma anche per il Pdl spaccato dal dissenso e per le opposizioni: dalle divisioni del Pd alla concorrenza con l’Idv.
Un test politico generale. Queste elezioni provinciali diranno innanzitutto una cosa: chi vince tra la maggioranza regionale e l’opposizione. Cinque anni fa il centrosinistra vinse per 7 a 1 (perse solo a Oristano). Ma nel febbraio 2009, alle elezioni regionali, stessi elettori e stesse circoscrizioni elettorali, il centrodestra si prese una rivincita vincendo per 6 a 2 (lasciando al centrosinistra solo Sassari e Medio Campidano). Quale punto di riferimento va preso? E’ comprensibile che ciascuno voglia fare riferimento al proprio risultato peggiore per poter dimostrare un recupero in queste elezioni anche nell’eventualità di una nuova sconfitta sul piano numerico generale. La verità è che stavolta un 4 a 4 sarebbe davvero un pareggio e che chi arriva a 5 potrà dire di aver vinto la partita.
Astensionismo, minaccia per le Province. Il secondo test riguarda le stesse Province, tornate nell’occhio del ciclone proprio in questi giorni. Cresce, nell’opinione pubblica, l’idea che siano inutili e che quindi vadano abolite, almeno per ridurre la spesa pubblica. Per i sostenitori dell’ente intermedio c’è ora il rischio dell’astensionismo, rafforzato dal fatto che l’entusiasmo per la nascita delle nuove Province ha lasciato il posto alla delusione dopo la prima esperienza.
L’esame per il governatore. Per quanto riguarda i test specifici, il primo è naturalmente quello per Ugo Cappellacci. Le elezioni del 2009 per lui sono state trionfali: ha raggiunto il 54 per cento nella sfida a Renato Soru. Nell’azione di governo ha subito incontrato difficoltà soprattutto a causa di alcune scelte del governo «amico» (G8 e Sassari-Olbia innanzitutto), poi ha dimostrato un qualche recupero sulle grandi vertenze industriali riuscendo proprio in questi giorni a portare a casa un buon risultato sul caso Alcoa. Ma più che un test sul gradimento, per Cappellacci queste elezioni sono importanti anche dal punto di vista psicologico: appena il giorno dopo sarà in Consiglio regionale nella seduta sull’inchiesta giudiziaria sull’eolico. Se il risultato elettorale sarà positivo per il centrodestra, il presidente avrà il compito facilitato, se viceversa sarà negativo è prevedibile che ci sia bagarre.
In gioco il vertice del Pdl sardo. Si misurano in queste elezioni anche i dirigenti del Pdl: il coordinatore Mariano Delogu, la vicaria Claudia Lombardo, che è anche presidente del Consiglio regionale, e il capogruppo Mario Diana. Da almeno un anno sono apertamente contestati dal crescente gruppo di dissidenti. Lo scontro su diverse candidature (da Cagliari e Oristano, da Iglesias a Sassari e Olbia per citare i casi più clamorosi) sono stati solo in parte risolti. Una sconfitta verrebbe imputata anche a chi ha gestito il partito.
Per Lai (Pd) quasi un congresso. Lo stesso discorso vale per il Pd e per il segretario Silvio Lai, alla sua prima vera prova del fuoco. Anche il Partito democratico è drammaticamente diviso (non è stato ancora superato il conflitto tra soriani e antisoriani) e in alcuni casi, come quello traumatico di Nuoro, addirittura spaccato alle urne. Lai, come Bersani, aveva puntato molto sulla ricomposizione della coalizione di centrosinistra, l’operazione gli è riuscita quasi dappertutto ma è entrata in crisi a Nuoro e Porto Torres (e a Cagliari con l’Idv) per via delle divisioni nel partito. Il test per il segretario democratico è quindi sui rapporti interni e la linea politica.
Si misurano i dissidenti dei due poli. Tremano i vertici dei partiti ma il test vale anche per le opposizioni interne e per gli scissionisti. Il berlusconiano Piergiorgio Massidda che si è presentato contro il candidato ufficiale del centrodestra Giuseppe Farris dovrà dimostrare quanto vale e se lo strappo era giustificato. Stesso discorso per il nuorese Efisio Arbau (contro Roberto Deriu) e il turritano Beniamino Scarpa contro Luciano Mura. Se la loro sfida provocherà solo la sconfitta del rivale interno per loro la partita sarà persa. Se riusciranno a entrare nel gioco sul ballottaggio, avranno avuto ragione loro. Va tenuto conto che la presenza dei dissidenti sarà misurata anche nei singoli collegi elettorali, con prevedibili sorprese e condizionamenti nel voto sempre nella lotta non all’altro schieramento ma all’interno del proprio partito.
La crescente rivalità tra Pd e Idv. Il calo di consenso del Pd a livello nazionale e la crescita tumultuosa del partito di Di Pietro hanno provocato un’accentuazione della rivalità tra i due alleati. Rivalità che in queste elezioni è sfociata in veri e propri scontri. A Cagliari Federico Palomba si è candidato contro il presidente uscente Graziano Milia in nome della legalità per via della condanna di Milia per abuso d’ufficio. E scontri incrociati nei due partiti hanno spinto l’Idv a un’altra scelta traumatica: a Nuoro si è unito al gruppo di Arbau. Due episodi (e ci sono casi minori) che hanno messo in ombra gli accordi in altre realtà.
La Lega avvia l’operazione sbarco. Una delle curiosità di questa campagna elettorale è la massiccia presenza di candidati leghisti alle Province. Domenica scorsa era atteso a Cagliari Umberto Bossi, sostituito poi dal vice ministro Roberto Castelli, abbondantemente contestato da trecento giovani: i quali, con urla e fischi rivolti a tutti gli oratori e ai candidati, hanno manifestato la totale contrarietà allo sbarco leghista in Sardegna. Due mesi fa, nelle elezioni per le Regioni ordinarie, la Lega ha sfondato persino in Emilia e in Toscana. E in Sardegna? Per il veto del Psd’Az, condiviso dai centristi, il Pdl ha dovuto fare a meno dei bossiani, che si sono presentati quasi ovunque da soli. Il risultato della Lega, che sin dall’inizio ha corteggiato l’assessore all’Agricoltura Andrea Prato, è molto atteso.
Tanti test ma il dibattito langue. Il confronto tra i candidati si è concentrato soprattutto sui temi locali e il dibattito politico stavolta non è decollato neanche nel confronto a distanza tra i big nazionali sul voto sardo. I vertici del Pdl (a iniziare da Silvio Berlusconi) hanno preferito non impegnarsi più di tanto. L’Idv ha mosso per ben due volte Antonio Di Pietro e lo stesso Palomba ha cercato di mettere in campo proposte nuove, come quella della proposta di legge che punta a mettere nella Costituzione la questione dell’insularità. E grande impegno ha messo il Pd, a partire dal segretario Pierluigi Bersani, protagonista di una campagna elettorale sui problemi dell’isola. E’ naturale che sia così. Il Pd aveva visto precipitare la propria crisi con la sconfitta sarda e ora punta sulla Sardegna per avvi