Il caos delle alleanze al congresso del Psd'Az


da La Nuova Sardegna 13 ottobre 2012
I congressi del Psd’Az sono sempre stati anticonformisti, persino eccentrici e bizzarri, del tutto imprevedibili. Quello che si è aperto ieri – il trentaduesimo in 91 anni, numeri che fanno impressione in una fase politica dominata da sigle che cambiano di continuo – non ha voluto fare eccezione. Ha riservato sorprese sin dalle prime battute.
 Andiamo con ordine. Uno: perché non ci fossero dubbi sulla linea delle «mani libere» nel rapporto con la destra e con la sinistra, a svolgere la relazione politica vera e propria non è stato il segretario uscente Giovanni Colli (che avrebbe preferito la sinistra) ma il presidente e leader Giacomo Sanna (che ha confermato, per ora, la maggioranza di centrodestra).
Due: tutti i segretari e i capigruppo degli altri partiti della giunta di centrodestra, regolarmente invitati, hanno disertato.
Tre: Ugo Cappellacci è intervenuto per dichiarare «guerra» allo Stato centrale e fare un inno alla «non dipendenza come passo verso l’indipendenza»; la platea indipendentista, che secondo alcuni avrebbe dovuto aprire la crisi alla Regione, lo ha applaudito a lungo.
Quattro: Paolo Maninchedda, uno dei big del partito, non si è presentato al congresso per dissensi sulle alleanze e sulla leaderhip di giunta e, come delegato, è stato dichiarato decaduto assieme a una dozzina di suoi amici della federazione di Nuoro.
Cinque: lo stesso Maninchedda, già decaduto, è stato provocatoriamente candidato via tv da Giacomo Sanna («nell’ipotesi di primarie») per la presidenza della Regione.
Sei: il centrosinistra si è presentato quasi al completo (mancava l’Idv) perché sperava in un’apertura in vista soprattutto delle elezioni regionali, ma è rimasto spiazzato dalla conferma dell’alleanza e dall’ovazione per Cappellacci.
Fin qui le sorprese, e oggi si continua con l’elezione del presidente (dovrebbe essere ancora Giacomo Sanna) e del consiglio nazionale, che dopo qualche settimana eleggerà il segretario. Erano molti anni che il congresso nazionale sardista non si teneva a Cagliari (il giovane sindaco Massimo Zedda ha espresso soddisfazione rivolgendo un saluto) e forse per questo la federazione di Cagliari non è mai stata così compatta.
Lo scontro duro è invece tra Sanna e Maninchedda sull’alleanza per il futuro (Sanna dice di non voler lasciare il centrodestra non fidandosi delle aperture del centrosinistra) e sulla candidatura alla presidenza della Regione: i sostenitori di Maninchedda avrebbero voluto un’investitura dal congresso, Sanna – per non farsi accusare della rottura – ne ha parlato come «ipotesi» in tv e non nella relazione. Maninchedda non ha voluto spiegare le ragioni della sua assenza. Una ventina dei suoi delegati nuoresi si sono presentati comunque. Sanna, che punta a controllare il partito avendo i quattro quinti dei delegati, ha annunciato che non si ripresenterà alle elezioni regionali: «Dopo tre legislature bisogna lasciare ai giovani».
Per la permanenza nel centrodestra sino a fine legislatura si è detto pure Colli (che pure è sulle posizioni di Maninchedda) secondo il quale, però, sono più gli aspetti negativi che i dati positivi (come la flotta sarda) nell’azione della giunta.
La prima giornata è stata caratterizzata, oltre che dalla stasi sulle scelte per le allenze, dallo scontro con lo Stato su crisi e vertenza entrate. Sanna è stato esplicito: «Indipendenza da uno Stato tiranno, canaglia, aguzzino, ladro, strozzino». Con altri termini sono stati durissimi anche Colli e persino Cappellacci, il quale ha però assicurato di essere stato sincero e di aver scelto questa linea non per riconquistare il consenso dei sardisti.
Filippo Peretti