La campagna elettorale dalla A alla Z

Assessori. La Spisa, Liori e Milia sono scesi in campo e, fatto curioso, due di loro sono ora in schieramenti diversi rispetto a quello del loro presidente. Più d’uno si è scandalizzato affermando che si sarebbero dovuti dimettere. Non vediamo perché. Alla Regione certe regole del galateo politico non esistono più. Prendiamo Cappellacci: da governatore è rimasto quasi un anno all’opposizione del proprio partito.
Big. Da Monti a Bersani, da Vendola a Grillo, da Tabacci a Ingroia, da Giannino a Samorì, da Giorgia Meloni a Fini. I leader sono sbarcati in massa alla ricerca di voti. Ma, ironia della sorte, la notizia vera è che il Cavalietre del «quante volte viene» non è venuto.
Casco. L’operaio cassintegrato Antonio Pirotto ha detto che, se eletto, lo porterà con sè a Montecitorio. Auguriamo a Pirotto di andare alla Camera, ma sul casco forse si sbaglia: non è che ai parlamentari non serva, è che non basta.

Destra. «Io rappresento quella vera, gli altri sono traditori». Lo hanno detto sia Fli, sia Fratelli d’Italia, sia La Destra, sia Forza Nuova. Rischiano di essere ininfluenti perché non sanno sommare i loro voti. Invece nelle divisioni e nelle moltiplicazioni hanno superato la sinistra. E non era facile.
Entrate e Equitalia. Sono due grandi temi della campagna elettorale. La Regione rivendica un miliardo di euro dal bilancio dello Stato, le imprese sarde hanno debiti per quattro miliardi con l’ente della riscossione. Forse converrebbe puntare sulla Vertenza Uscite.
Forza Paris. Tutti i partiti e tutti i candidati: «Sui problemi della Sardegna bisogna essere compatti, come in un’unica squadra». Detto, fatto: 23 liste per la Camera e 22 per il Senato.
Grillini. Tre deputati e uno-due senatori saranno eletti in Sardegna. Sono stati scelti dalla “parlamentarie” più secretate della storia. Hanno smentito di essere rimaste sempre zitti: «Abbiamo parlato quasi tutti i giorni». E’ vero: quasi il lunedì, quasi il martedì...
Hotel. Moltissime manifestazioni elettorali si sono tenute in alberghi. L’idea delle elezioni fuori stagione può essere utile al turismo. Purchè i partiti, senza scuse di spending review, paghino il conto.
Indipendentisti. Divisi in tre liste non sono riusciti a decollare nel dibattito politico. L’unico che ha fatto parlare dì sé è stato Doddore Meloni. Prima con la provocazione della candidatura: si è fatto dire di «no» per contestare l’interdizione dai pubblici uffici rimasta in piedi anche dopo che la condanna è stata scontata. Poi con un sequestro di persona anomalo e ora con la denuncia di un complotto ai suoi danni.
Lai. Capolista al Senato, il buon Silvio (quello sardo) è riuscito dopo tre anni di segreteria nel miracolo di ricompattare il Pd. E ha anche raggiunto un accordo con Bersani sulla gestione della Vertenza Sardegna. I suoi sponsor sono certi che si sia ormai ben posizionato per la prossima candidatura a governatore. Lo dicono a tutti, tranne che a Soru.
Monti. Dopo aver ascoltato le mille e mille richieste dei suoi candidati nella convention di Cagliari, il premier ha strappato un lungo applauso dicendo: «Vorrei essere sardo». Ma, vista la difficoltà di dare tutte quelle risposte, forse voleva dire «vorrei essere sordo».
Nizzi. Il più berlusconiano dei berlusconiani è al quarto posto della lista del Pdl. Da coordinatore regionale è stato però coraggioso: quando il Capo ha detto che il fascismo aveva fatto anche cose buone, lui ha replicato: «Non sono d’accordo». Bravo. la prossima volta lo mettono Settimo.
Oppi. Il leader sardo dell’Udc, non soddisfatto dell’alleanza concordata da Casini, ha ammesso: «Facciamo fatica a far votare la lista Monti al Senato». Roba da rimanerci Sechi.
Promesse. Chi l’ha sparata più grossa? A sorpresa il primato va a Basta Tasse, il cui fondatore ha detto di voler fare dell’isola «la Svizzera del Mediterraneo». Sarebbe bello, ma speriamo che il suo alleato Berlusconi non lo prenda sul serio: dopo lo scippo del G8 sarebbe capace di cercare i soldi per l’Imu proprio nel cantone sardo.
Quoziente. L’obiettivo delle liste maggiori è di conquistarne più di uno, la paura di quelle minori è di non superare il primo sbarramento. Alcuni pezzi grossi della politica sono stati candidati in posizioni rischiose (sono i casi di Pd, Pdl, Monti e altri) e si sono visti costretti a impegnarsi più degli altri nella ricerca dei voti. Ora devono solo sperare di non essere stati presi per il quorum.
Riforme. I seggi assegnati all’isola sono 25, i candidati sono 500 ma di questi solo una quarantina hanno possibilità di essere eletti. I 460 trombati in partenza vogliono cambiare la legge, ma a decidere saranno i 27 con gli altri 900 eletti in tutti i collegi italiani. La verità è che il “Porcellum” fa schifo per la stessa ragione per cui piace.
Sindacati. I segretari di Cgil Cisl e Uil hanno annunciato nuove mobilitazioni di protesta dopo il voto denunciando che in campagna elettorale i partiti, tranne alcuni, hanno discusso poco di lavoro. I sindacati, si sa, sono molto esigenti, ma come si fa a pretendrere cose così serie in campagna elettorale?
Trasporti. Ci voleva il debuttante Ingroia, leader di Rivoluzione civile, a risolvere il problema della continuità territoriale: venerdì, tra mattina e sera, ha tenuto manifestazioni di chiusura a Cagliari e in altre quattro regioni italiane. Come ha fatto? Ha noleggiato un aereo privato. Facile, no?
Università. I rettori Melis e Mastino hanno rivolto un appello ai candidati: dovete favorire la ricerca. I candidati hanno risposto affermativamente e con conconzione. E hanno continuato a cercare voti.
Verifica. Il voto di oggi e domani sarà letto anche in chiave regionale. Se in Sardegna il consenso dei partiti della maggioranza di centrodestra (anche se diviso in tre schieramenti: Pdl, Monti e Psd’Az) saranno superiori a quelli delle opposizioni di centrosinistra, Cappellacci potrà andare avanti sino a febbraio 2014. Se dovesse succedere il contrario, i centristi potrebbero disimpegnarsi e provocare le elezioni anticipate.ù

Zoombie. E' lo spettacolo teatrale messo in scena dal Psd'Az (attore Benito Urgu, regista Andrea Prato, entrambi candidati al Senato) per le tre manifestazioni di chiusura. Una satira, stavolta sui big italiani, sulla scia di quella dell'Onorevole Sciupone inaugurata all'epoca dei referendum regionali. Ora non si sa se, come in tutti gli spettacoli che si rispettino, ci sia qualcosa di autobiografico.
da La Nuova Sardegna del 24 febbraio 2013