Alla Regione tutti contro tutti, così è saltata la riforma elettorale

da La Nuova Sardegna del 7 marzo 2013
Lo tsunami del 24 e 25 febbraio, che ha fatto esplodere il problema del distacco dei cittadini dalla politica, non è servito di lezione. E così, al primo appuntamento dopo il voto, il Consiglio regionale ha perso la grande occasione di rispondere con una decisione chiara e tempestiva.
Dopo due giorni di «tutti contro tutti» nelle trattative fuori dall’aula, anche ieri la seduta è durata giusto il tempo perché venisse rinviata. Stavolta non di un solo giorno, come martedì, ma sine die. L’assemblea sarà riconvocata «a domicilio» come recita il regolamento ma è possibile che l’ordine del giorno sia un altro. Tanto che la presidente Claudia Lombardo ha espresso la «preocupazione che la riforma non venga approvata in questa legislatura».
Senza una nuova legge, però, potrebbero esserci complicazioni di carattere istituzionale. Infatti serve una norma che recepisca il taglio da 80 a 60 consiglieri, così come è stato di recedente modificato lo Statuto sardo. Secondo il quale qualsiasi ipotesi di legge elettorale non potrà prevedere un aumento del numero di consiglieri sulla base del premio di maggioranza (come era avvenuto nel 2004). Il che significa che un governatore che ottiene più voti della sua coalizione potrebbe rischiare di non avere la maggioranza in Consiglio.
Lo scontro tra i partiti è sullo sbarramento e sul sistema di attribuzione dei seggi. Sullo sbarramento del 10% per le coalizioni sembrano tutti d’accordo, mentre i partiti minori contestano quello del 4% per le liste che si presentano da sole e anche quello del 2,5-3% per le liste che fanno parte di una coalizione che supera il quorum. «Chiediamo il proporzionale puro», hanno detto nel centrosinistra Sel e Idv. Ma il Pd non si è sbilanciato: «Lo stallo è provocato dalla maggioranza di centrodestra che non trova un accordo, noi chiediamo una proposta su cui discutere, non faremo intese con singoli partiti. La verità è che il centrodestra è spaccato sul rimpasto di giunta».
Anche nel centrodestra i partiti minori non vogliono sbarramenti e ieri il capogruppo del Pdl Pietro Pittalis ha chiesto il rinvio proprio per avere più tempo per concordare una posizione. Pittalis ha però negato che la colpa sia della maggioranza: «Le regole istituzionali riguardano tutti, non sono prerogative di chi governa».
L’altro punto controverso è la doppia preferenza di genere, cioé la possibilità di votare per un candidato e una candidata: un sistema che favorisce l’elezione di un numero maggiore di donne. Ed è per questo che è osteggiata da molti politici, già preoccupati dalla riduzione del numero dei seggi alle prossime elezioni.
Ieri la presidente Lombardo ha incontrato le rappresentanti delle associazioni che da due giorni stanno pressando i consiglieri regionali. Claudia Lombardo ha incoraggiato le associazioni a proseguire nella battaglia e a pretendere anche un maggior numero di candidate nelle liste.
Il rinvio della riforma elettorale potrebbe avere una conseguenza immediata: l’azzeramento della giunta regionale. Il governatore Ugo Cappellacci, che l’aveva annunciata la settimana scorsa, ha detto di non averla realizzata per evitare il blocco dei lavori consiliari (che non possono svolgersi in assenza della giunta). Per cui l’operazione-verifica potrebbe scattare oggi, ma più probabilmente domani, dopo gli ultimi incontri di Cappellacci con i partiti.
La tensione nel centrodestra è alta perché ci sono idee contrastanti tra gli alleati. Sul progetto politico per l’ultimo anno di legislatura, ad esempio, il Psd’Az non vorrebbe impegnarsi per le prossime elezioni e i Riformatori hanno posto forti condizioni sul rispetto dei referendum (primo fra tutti quello sull’abolizione delle Province). E ci sono contrasti anche sulla nuova assegnazione degli assessorati tra chi chiede di confermare gli incarichi ai partiti e chi pretende una rotazione. Cappellacci, con l’azzeramento della giunta, potrebbe costringere tutti a un confronto più serrato.