E' il primo anniversario, ma Cappellacci ha poco da festeggiare


la Nuova Sardegna — 22 febbraio 2010

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Sponsorizzato da un Silvio Berlusconi in vena di superpromesse e non ancora sfiorato da scandali e conflitti politici interni, nel febbraio 2009 Ugo Cappellacci vinceva le elezioni regionali contro Renato Soru. E’ stato un anno difficile (emblematica la beffa del G8), il governatore ha pagato l’inesperienza e le troppe attese, ha messo molta carne al fuoco ma, per ora, ha poco da festeggiare.

In questo anno di governo di centrodestra ci sono stati alti e bassi, luci e ombre. Ma emergono, con evidenza, soprattutto gli aspetti negativi, e non solo per la percezione suscitata dalla crisi finanziaria mondiale e dalla recessione industriale che ha spinto verso le ristrutturazioni le grandi imprese multinazionali che operano nell’isola. Anzi, il contesto generale ha come aiutato il Cappellacci politico. Infatti, mentre non è sinora riuscito a far emergere nell’attività ordinaria un carattere forte e peculiare e a imprimere una svolta in linea con gli annunci di cambiamento, il presidente ha dato il meglio nell’affrontare i problemi più complicati: si pensi al fronte unitario (maggioranza-opposizione-sindacati) messo su a luglio tra mille ostacoli per contrastare la chiusura del petrolchimico di Porto Torres (la vertenza è ancora aperta ma con prospettive di soluzione), alla battaglia su Alcoa a fianco di operai e sindacati, sino al tentativo di rilancio di Ottana e alla firma nei giorni scorsi dell’intesa per il rilancio di Portovesme srl (fatto non certo scontato). Insomma, su queste vertenze il governatore ha come rimediato al caso G8: una beffa che scotta ancor oggi e che lo ha spinto ad alzare finalmente la voce nei confronti del governo «amico» e a dire, a fine 2009: «Può aiutarci di più».

E’ sul piano interno che l’azione di Cappellacci è in ritardo. Sono trascorse poche settimane dal primo anniversario dell’insediamento di Barack Obama e negli Stati Uniti molti commenti sono stati negativi anche tra i favorevoli alla rivoluzione sanitaria: negativi perché in un anno la riforma (davvero storica) non era stata approvata in via definitiva. Nello stesso lasso di tempo e sullo stesso argomento la giunta ha approvato appena un emendamento per aprire la strada a una nuova lottizzazione delle Asl. Troppo poco soprattutto per chi, come l’assessore Antonello Liori, si era scagliato con veemenza contro la gestione precedente.

L’esempio della sanità può valere per quasi tutti i settori. Un dato eloquente: in un anno la giunta ha fatto tre manovre finanziarie ma una sola legge di settore, quella sul rilancio dell’edilizia, della quale persino l’assessore Gabriele Asunis, pur smentendo che si tratti di un flop, ha dovuto riconoscere i limiti. Molti esponenti della giunta, il cui profilo iniziale non era certo alto, hanno inciso davvero poco: hanno tentato di mettersi in evidenza, hanno cercato la tribuna, come Andrea Prato (Agricoltura) e Lucia Baire (Cultura), per illustrare anche buone idee ma senza trasformarle ancora in atti operativi. Pare che dietro l’angolo ci siano proposte di un certo interesse; il vero Piano Casa e il Piano Infrastrutture (ci sta lavorando l’assessore Angelo Carta), la formazione professionale (Franco Manca), la riforma interna (Ketty Corona). Non è partito veloce ma sta recuperando a ritmo di un diesel Sebastiano Sannitu al Turismo: si stanno creando attese per il Bit sardo (in primavera) e per la nuova legge di settore con soluzioni originali.

Insomma, sinora Cappellacci ha pagato l’inesperienza sua e della sua giunta, che ha pure uno scarso peso politico. A gettare un’ombra ci sono stati anche i rimpasti, scordinati e non sempre finalizzati a un rafforzamento dell’attività: ben tre assessori si sono avvicendati all’Ambiente (per via dell’«entra e esci» di Giorgio Oppi) e due all’Industria e al Lavoro. Alla luce dei fatti, la linea del presidente sulla incompatibilità assessore-consigliere si sta forse rivelando un errore.

Proprio questo primo anno dice che l’unico assessore ad aver sinora brillato è Giorgio La Spisa, un politico di grande esperienza consiliare. Nelle tre manovre finanziarie (una di emergenza, una di risanamento, la terza di sviluppo) sono contenuti i provvedimenti più rilevanti e caratterizzanti: l’eliminazione delle tasse sul lusso, il credito d’imposta, lo sblocco dei Pia, la trasformazione della Sfirs (grazie anche al neo presidente Antonio Graziano Tilocca, la scelta forse più azzeccata tra quelle fatte negli enti), il Fondo di garanzia per le imprese, il Microcredito, il Fondo etico per le famiglie in difficoltà, il Fondo per le infrastrutture e per i servizi alle aziende.

Cappellacci ha pagato anche la sua inesperienza politica. Aveva promesso il metodo della concertazione, invece il rapporto con i sindacati dei lavoratori e delle imprese e con le opposizioni è stato altalenante. Aveva promesso di governare, pur nella separazione dei ruoli, assieme al Consiglio per distinguersi dalla gestione Soru, e invece sono pessimi i rapporti con almeno la metà della sua maggioranza. Non è stato aiutato dal suo partito, il Pdl, diviso da vecchie e nuove rivalità e incapace di tenere stretti gli alleati, ma il ruolo di guida dovrebbe essere esercitato innanzitutto dal presidente, visto che è eletto direttamente. E in questo Cappellacci non può cercare alibi: se il numero dei dissidenti sale col passare dei mesi significa che i problemi esistono. Non può governare da solo e sinora è mancato proprio nella ricerca delle sinergie.

A fine 2009, salutando una Finanziaria varata nei termini dopo undici anni, il presidente aveva detto che era giunto il momento della svolta. I sardi attendono.