La Nuova Sardegna 1 aprile 2010
di Filippo Peretti
CAGLIARI. Dopo le elezioni nelle Regioni ordinarie, che hanno rimesso saldamente in sella Silvio Berlusconi e il suo governo, il test politico del 30-31 maggio in Sardegna si preannuncia come fortemente decisivo. Non solo per il futuro delle 8 Province e dei 176 Comuni chiamati al voto, ma anche per la giunta regionale di Ugo Cappellacci e per le coalizioni che si contendono la gestione del potere.
Oggi si riuniscono sia il centrodestra sia il centrosinistra (quest’ultimo riprendendo il vertice di martedì). Per riavviare le trattative in vista del voto amministrativo di fine maggio, le due coalizioni hanno preferito attendere il risultato elettorale di lunedì. Dal quale hanno colto segnali differenti, entrambi con più di una sorpresa.
Il Pdl e la giunta temevano le elezioni di domenica scorsa perché un’eventuale sconfitta di Berlusconi avrebbe potuto provocare un definitivo sfilacciamento della litigiosa maggioranza regionale. Invece, come hanno subito dichiarato Mariano Delogu e Ugo Cappellacci, il Pdl ha colto al volo il vantaggio regalatogli ancora una volta dal «monarca» e cercherà di sfruttarlo oggi nel confronto con gli alleati. Nel rapporto con Psd’Az e Udc, che vorrebbero allearsi in qualche Provincia con il Pd, ora il Pdl ha un argomento in più: la promessa di un più forte federalismo (preteso dalla Lega) ma per per attuarlo nell’isola seconde istanze più care ai sardisti; il mancato decollo del centrismo per convincere l’Udc di Giorgio Oppi che le intese con il centrosinistra non pagano.
L’interrogativo è questo: il risultato di lunedì aiuterà l’accordo tra Pdl e alleati su Province e Comuni o farà aumentare le pretese di ciascuno?
Il centrosinistra, che perdendo Piemonte e Lazio ha perso la maggioranza complessiva delle Regioni, ha già subìto alcune conseguenze negative anche in Sardegna. Si è riaccesa la discussione interna al Pd, si sono divaricati i rapporti con gli alleati (oggi quasi tutti contrari alle primarie), rischia di incrinarsi la prospettiva di un ulteriore allargamento - almeno in alcuni casi - a Psd’Az e Udc. Il successo dell’Idv ha spinto il partito in Sardegna ad accentuare la linea del rigore giustizialista e a porre il veto, assieme ai partiti della sinistra, alla ricandidatura di Graziano Milia a Cagliari. Il Pd non poteva non reagire e ha respinto il veto. Insomma, l’inevitabile nervosismo e il lungo tatticismo rischiano, in questo clima generale di nuovo favorevole al centrodestra, di provocare la sconfitta.
Il risultato del voto del 30-31 maggio sarà un test sia per la giunta Cappellacci e la maggioranza di centrodestra, sia per l’opposizione di centrosinistra. Il dato numerico di partenza è quello del 2005, quando il centrosinistra vinse alle Provinciali per 7 a 1. Questo certo non significa che il centrodestra potrà cantare vittoria se conquisterà una o due Province in più. Perché, alle elezioni regionali del 2009, la formazione di Cappellacci ha vinto in sei Province: sul piano politico è quello il suo punto di riferimento: se stavolta me conquisterà cinque avrà compiuto un passo in avanti sul 2005 ma uno indietro rispetto alle regionali.
Lo stesso discorso, ma rovesciato, vale per il centrosinistra: guardando al voto dell’anno scorso, non potrà certo accontentarsi di vincere in più di due Province. Un ribaltamento del 2-6 delle regionali consentirebbe al Pd di cantare vittoria: sarebbe un recupero in netta controtendenza. Da qui lo sforzo di Silvio Lai di tenere la coalizione e possibilmente di allargarla.
Test delicato, a questo punto, per Cappellacci. Per le amministrative sarde il presidente ha voluto il voto sfalsato rispetto alle Regioni ordinarie. Ora toccherà a lui confermare il risultato positivo ottenuto da Berlusconi. In caso contrario gli alleati daranno la colpa a lui.