La Nuova Sardegna 24 aprile 2010
di Filippo Peretti
ROMA. «Mi sono astenuto sulla votazione del documento finale perché, pur condividendone in gran parte i contenuti, non ammetto che si possa escludere la possibilità di formare una minoranza interna basata sulle idee e in grado di esprimere coralmente il suo dissenso e di avanzare le sue proposte». Beppe Pisanu spiega così la sua solitaria presa di posizione (è stato l’unico ad astenersi) giovedì nell’infuocata riunione della direzione nazionale del Pdl.
Il presidente della commissione Antimafia dice alla Nuova che «la vitalità democratica è sempre garantita dall’esistenza e dal rispetto dell’opposizione». E aggiunge che a suo parere all’interno del Pdl «una minoranza potrebbe formarsi e dissolversi volta per volta, a seconda dei problemi discussi, ma potrebbe anche consolidarsi su basi ideali, senza mai minacciare la reale unità del partito».
L’astensione così motivata non sembra equidistante: Pisanu dice sì di condividere «gran parte» del documento pro Berlusconi ma sul punto centrale dello scontro, la corrente di minoranza, è vicino al presidente della Camera. Ma con una puntualizzazione per tutti: «La democrazia vera non tollera né minoranze ricattatrici, né maggioranze prevaricatrici».
Del resto da qualche tempo le posizioni di Pisanu coincidono su molti punti con quelle di Fini, dalla democrazia interna al rapporto con la Lega. Tanto che nel Pdl i più integralisti tra i berlusconiani avevano gridato allo scandalo quando egli fu ospite a pranzo con Casini dal presidente della Camera o quando estese le sue preoccupazioni negli appuntamenti con il gruppo dei dissidenti del Pdl sardo. Pisanu comunque non drammatizza. «Purtroppo - dice - le immagini televisive hanno trasmesso i momenti più negativi della giornata, facendo passare per un brutto spettacolo quello che invece è stato un aspro ma serio confronto politico tra Berlusconi e Fini, un confronto iniziato bene, perché tanto il discorso introduttivo del presidente Berlusconi, quanto l’intervento di Fini contenevano tutte le premesse per arrivare a un ampio chiarimento politico e a una conclusione largamente condivisa». E invece? «Sono prevalse le incomprensioni, le pressioni emotive e le faziosità di alcuni personaggi», per cui anche se «qualcosa si è rotta e qualche altra è cambiata» c’è «ancora tempo e modo per rimediare».
L’ex ministro dell’Interno prende atto che «in effetti la componente iniziale di An si è divisa e le carte interne si sono rimescolate, aprendo una nuova fase nella vita del Pdl», per cui ora «molto dipenderà dalla maturità dei gruppi dirigenti». E a questo proposito sottolinea che «la politica è, allo stesso tempo, professione intellettuale e passione civile», ma «se è solo professione finisce nel cinismo, se è solo passione finisce nel fanatismo». Per cui «bisogna evitare l’uno e l’altro rischio ed alzare la mira sui problemi quotidiani degli italiani e, per quanto più ci sta a cuore, dei sardi». Sottolineatura, quest’ultima, che lascia aperta la critica anche sul versanteo isolano.