11 APRILE 2012
Dopo la sanità, la continuità territoriale aerea e il trasporto pubblico locale, ora la Regione deve pagare anche le elezioni comunali. È quanto ha scoperto ieri Ugo Cappellacci nel leggere una comunicazione del ministero dell’Interno secondo cui è cambiato «il quadro normativo di riferimento» e pertanto gli oneri finanziari e organizzativi (compresa la raccolta dei dati) delle elezioni amministrative di maggio è a carico del bilancio regionale. Cappellacci ha preso subito carta e penna e ha scritto al premier Mario Monti invitandolo a intervenire con urgenza visto che c’è poco tempo a disposizione e l’amministrazione regionale non è in possesso delle tecnologie per affrontare l’appuntamento che il 20 e 21 maggio riguarda 65 Comuni isolani. (da La Nuova Sardegna)
Nello scrivere a Monti e nel fare una dichiarazione pubblica, Cappellacci ha usato toni fermi ma pacati, mentre l’assessore agli Affari generali, Mario Floris, ha immediatamente manifestato una forte volontà di reagire in modo clamoroso: «Ora basta - ha infatti detto il due volte presidente della giunta - è giunto il momento della ribellione. Non è più tollerabile che lo Stato continui a trasferire competenze scaricando tutto sulla Regione e senza rispettare neppure in minima parte l’accordo del 2006 sulle entrate fiscali».
Può darsi che la presa di posizione del Viminale derivi dal fatto che la giunta Cappellacci ha fissato la consultazione popolare in data diversa (20-21 maggio) rispetto a quella decisa da Palazzo Chigi (6 maggio) per il resto d’Italia. Perché il 6 maggio in Sardegna saranno celebrati i dieci referendum sardi e le due consultazioni non potevano coincidere.
Cappellacci ha sollecitato Monti a evitare il disimpegno tecnico-amministrativo e di copertura degli oneri finanziari da parte dello Stato. Il riferimento è a una nota del capo del Dipartimento per gli Affari interni e territoriali del Viminale, che ha sostenuto che sono venuti meno i presupposti per assicurare il supporto alla Regione sarda e che per questo non avrebbe inviato alcuna pubblicazione o stampato né garantito la gestione delle procedure informatiche. Il presidente della giunta ha rilevato che per la copertura finanziaria occorrerebbe una nuova legge e che, comunque, non ci sono «i tempi e le condizioni per garantire un’adeguata programmazione, informazione e gestione, organizzativa e informatica» della tornata elettorale. Per cui «gravi e inaccettabili sarebbero le conseguenze per i cittadini sardi a cui non sarebbe consentito l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito».
Elezioni comunali a rischio? Mario Floris, augurandosi di no, ha comunque affermato: «Se non ci danno le risorse le elezioni non vanno fatte». Per la ribellione è anche il segretario del Psd’Az, Giacomo Sanna: «In attesa delle nuove entrate fiscali che lo Stato italiano continua a negarci, la Regione di soldi ne ha sinora messi anche troppi. Siamo a credito mentre la Sardegna, a causa della crisi generale, avrebbe bisogno di avere più risorse. Quel che fa sorridere è il modo in cui si muove questo governo: che bisogno c’era di mettere dei grandi tecnici se poi la crisi finanziaria dello Stato si può risolvere semplicemente smettendo di pagare e obbligando altri, in questo e in molti altri casi la Sardegna, a pagare di tasca competenze che sono di competenza dello Stato centrale».
Il caso è esploso a una settimana dalla presentazione delle liste e con una politica distratta, anche perché la campagna referendaria è quasi inesistente. Quasi tutti i partitisi sono titi poco impegnati o divisi. Come il Pdl.Il segretario Settimo Nizzi è contrario ai 10 quesiti e non impegnerà il partito, il deputato Bruno Murgia è invece favorevole a quasi tutti i referendum, andrà a votare e vorrebbe fare propaganda. L’unico cosa certa è che i referendum sono totalmente a carico della Regione.